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“Possiamo dare una linea – ha detto – ma sulle rinunce decidono i singoli”.Į dunque: rinuncerà Ronaldo a un taglio del 30 per cento dei 31 milioni netti che prende? E Lukaku, che ne piglia netti solo 7,5? E Alex Sandro che prende appena 5 milioni netti? E Biglia, del Milan, che deve accontentarsi di 3.5 milioni netti in busta paga, riuscirà a portare a casa il companatico con appena due milioni? E Tommasi, presidente di Assocalciatori, dichiara che non è possibile imporre ai calciatori di accettare eventuali tagli.
La proposta – si legge su Repubblica – è irricevibile per gli atleti. Più oscena e ‘irricevibile’ pare sia stata giudicata anche l’altra opzione: decurtare il salario dei calciatori del 30% se le partite – cosa che presumibilmente avverrà – non riprenderanno sino a giugno, o al prossimo autunno. Rinunciare allo stipendio? E chi lo porta il pane a casa? La proposta – che sembra più che altro una ‘dichiarazione di intenti – è stata bocciata. Sono fermi anche loro? Bene, per far quadrare i conti calcistici a tanti zero, scombinati dal mancato introito dei diritti tivù per le mancate partite dei campionati (uso il plurale perché non so quali e quanti campionati siano saltati), la Lega di Serie A ha comunicato alla Federcalcio che si potrebbero congelare gli stipendi di marzo ai calciatori. Ma il mio pensiero leggendo qua e là va a loro. L’economia delle grandi, e soprattutto delle piccole aziende, dei commercianti, di tutti coloro che hanno la famigerata partita Iva che è l’unica cosa partita davvero in questo periodo di stasi totale. Sì, l’epidemia sta mettendo in ginocchio – meglio sarebbe dire ‘c ol culo a terra‘ – l’economia.